La motivazione del licenziamento non può essere successivamente modificata od ampliata dal datore di lavoro

Con sentenza del 22 aprile 2024 (testo), la Corte d’Appello di Venezia ha ricordato che, in applicazione del “principio della immodificabilità delle ragioni comunicate a sostegno del licenziamento”, il datore di lavoro “non può addurre … fatti diversi da quelli già indicati nella motivazione enunciata al momento della intimazione del recesso, ma soltanto dedurre mere circostanze confermative o integrative che non mutino la oggettiva consistenza storica dei fatti anzidetti”.

Ciò perché “la motivazione del licenziamento deve essere specifica e completa, tale da consentire al lavoratore di individuare con esattezza la causa del provvedimento ed esercitare il suo diritto di difesa”.

Nel caso di specie, dopo aver inizialmente basato il licenziamento sulla sola “soppressione del posto di lavoro”, in sede giudiziale il datore di lavoro aveva poi modificato/integrato la motivazione, adducendo anche la “esternalizzazione delle mansioni” svolte dal dipendente (con conseguente illegittimità del licenziamento e reintegra nel posto di lavoro).

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